Il 2009 si è chiuso con un calo delle export dei distretti dell'Emilia-Romagna pari al 17,8%. Il sistema emiliano si conferma tra le realtà che hanno fatto registrare i risultati meno negativi su scala nazionale, in termini di export, posizionandosi al terzo posto dietro ai distretti di Campania e Toscana. L'analisi è frutto del consueto monitor sui distretti del Servizio Studi di Intesa Sanpaolo per Carisbo e Cariromagna. Nel complesso il sistema distrettuale italiano mostra una contrazione dell'export per il 2009 pari al 22,1%, con un'elevata dispersione dei risultati: dal crollo (oltre il 30%) della Basilicata al calo più contenuto della Campania (-2,6%). L'analisi congiunturale mostra però un peggioramento dell'andamento degli scambi commerciali negli ultimi tre mesi dell'anno (-16,7%) dei distretti dell'Emilia-Romagna, rispetto al -15,9% del trimestre precedente, evidenziando così la mancanza di chiari e forti segnali di ripresa della domanda da parte dei principali partner commerciali. Il quadro che emerge é quello di una lenta e fragile uscita dalla crisi che interessa l'Emilia-Romagna così come l'intero sistema Italia. In regione hanno chiuso il 2009, con una crescita delle export, due distretti su quattordici: l'alimentare di Parma (+6,2%) e il biomedicale di Mirandola (0,6%). Si tratta di due realtà caratterizzate per la contenuta ciclicità della domanda e che per tale ragione hanno mostrato performance positive. Quadro opposto per i distretti della meccanica, eccellenze del sistema emiliano, che sono stati drammaticamente colpiti dal crollo della domanda sia domestica che estera. Soffrono in particolare i distretti delle macchine per il legno di Rimini, le macchine agricole di Modena e Reggio Emilia e i ciclomotori di Bologna che chiudono il 2009 con contrazioni a due cifre delle export. L'analisi dei flussi commerciali per destinazione geografica conferma l'alta dispersione dei risultati. Il 2009 si chiude in territorio positivo solo per gli scambi verso tre mete sulle prime quaranta: in Svizzera (+1,4%), in Cina (+23,4%) e in Iran (+13,2%). Al contrario, chiudono pesantemente in negativo, con perdite superiori al 30%, due tra i primi quattro mercati di riferimento: Stati Uniti (-31,5%) e Russia (-35,4%).