Cocif, se ci lasci, questa volta non vale

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Saltutti in acrobazia fa urlare al goal i tifosi biancorossi. Era il 7 Giugno 1981 quando il Rimini alla terz’ultima di campionato ospitò un Milan già promosso in A. Venticinque anni dopo, per l’esattezza il 9 Settembre 2006, alla prima giornata di campionato, il fato decise che quel giorno l’eroe di giornata divenisse  l’idolo della tifoseria biancorossa: Adrian Ricchiuti. Fu proprio lui a regalare il pareggio ai suoi, tra l’altro in dieci, contro la corazzata Juve, scesa in B solo di passaggio previa di Calciopoli . Probabilmente sono queste le due partite storiche dei 98 anni del Rimini. Novantotto anni cancellati in un colpo solo, quando nella giornata di martedì 30 giugno, l’ormai ex proprietà ha deciso di non iscrivere il Rimini al prossimo campionato di prima divisione, decretandone quindi il fallimento con una possibile ripartenza dalla serie D. I primi avvertimenti erano stati dati nella conferenza del 3 Marzo, quando l’avvocato Boldrini, portavoce della società, spiegò la situazione attuale limitandosi a dire che se non sarebbero intervenuti aiuti esterni o locali, la Cocif avrebbe mantenuto il proprio impegno fino al 30 Giugno 2010 per poi lasciare, invitando persone serie e affidabili e ovviamente con un  budget  ampio a farsi avanti nell’acquisire una società sana.

Partiamo dall’inizio. Nel 1994 quando Bellavista acquisì il Rimini, prese una società sull’orlo del fallimento, portandola ogni anno sempre nei primissimi posti della C2 per centrare quella promozione che da troppi anni l’intero ambiente attendeva. Tra mille difficoltà, anche quando ormai la speranza fra tutti era scomparsa, Bellavista fu  l’unico a credere, a  cullare e a realizzare quel sogno che grazie a tanti anni di sacrifici, e di spese folli, rimettendoci per fino di tasca sua, senza mai creare disagi alla società, ha poi trasformato in realtà: trovando nella guida tecnica di Leo Acori e del  talismano Ricchiuti in campo il giusto binomio per arrivare addirittura in B, regalandosi una promozione ai danni di un Napoli candidato per fama e organico all’ammissione diretta. Il resto è storia recente. Genoa, Torino, Brescia, Cesena sono solo alcune delle squadre battute dal Rimini in questi anni. Rimane il rammarico di non aver potuto condividere con lui, la gioia di nuove vittorie e il sogno di poter vedere una squadra attrezzata anche per poter lottare per la Serie A magari con la possibilità di avere un nuovo stadio.

La sua scomparsa ha causato diverse difficoltà al presidente Benedettini. Quest’ultimo forse non ha mai avuto la passione di Bellavista. Ottimo nella gestione del bilancio societario ma poco autoritario, insufficiente in quello calcistico. Il gruppo Cocif,inutile negarlo, ci ha messo del suo, imponendo fin da subito spese folli, limitandosi a spendere (a non spendere aggiungo io) il giusto. Benedettini, inoltre, non ha trovato nemmeno un valido aiuto nell’ex ds Muratori, che al contrario ha portato alla base un enorme peso da sostenere, come il contratto di Matteini (non me ne voglia quest’ultimo). In particolar modo al presidente si imputa anche il fatto di non avere ottimi rapporti con  parte della stampa locale e di scarsa attenzione nei confronti dei tifosi soprattutto previa dei biglietti e di iniziative legate a loro.  Se a questo sommiamo l’inesperienza calcistica, le cessioni illogiche come quella di Vantaggiato, per sostituirlo per l’appunto con calciatori del calibro di Paponi e Matteini , si capisce come mai il Rimini si ritrovi a non disputare nemmeno la prima divisione. La verità a parer mio è che il gruppo Cocif era già pronto ad abbandonare la  nave da due anni. Nell’ultimo anno di B, la piazza manifestava scarso interesse nel rafforzamento della squadra. Voci di corridoio davano il ds Muratori sempre a Cesena a seguire i cugini. L’avvento di Selighini, con l’allontanamento definitivo a cinque giornate dal termine, con l’inserimento in corso di Carboni, non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Quando la squadra  retrocesse, la Cocif  stanca di dover sopportare un giocattolo diventato ingombrante, decise di rafforzarsi con Lele Zamagna, pensando che con pochi soldi  e con qualche cessione illustre, il nuovo ds, bravo ed esperto che fosse, facesse il Mago Merlino portando anche in base alle sue conoscenze, bravi calciatori a costi ridotti. La poca chiarezza di idee, manifestata fino all’ultimo momento di questa stagione, quando la certezza di non esserci non era del tutto scontata, ha dato modo a molti tifosi di proseguire sulla strada intrapresa già da altri, quella di abdicare lo stadio. Nonostante il mezzo miracolo effettuato da Zamagna e Melotti nel creare una squadra competitiva portandola ai play off, la Cocif lascia fallire Il Rimini, senza curarsi di un bilancio sano. Questo in tempo di crisi è davvero il colmo.

La Cocif lascia la squadra dopo 16 anni di gestione a due anni dal centenario. Inutile negarlo, a loro vanno i nostri ringraziamenti per tutto quello che hanno fatto in questi anni, mantenendo una squadra di calcio senza ricevere nessun aiuto esterno, soprattutto dalle realtà locali e dalle autorità politiche: memorabile il caso stadio, divenuto vero oggetto di desiderio in fase di elezioni. Su questo argomento sorvoliamo, perché basta dire che Il Rimini è fallito anche grazie al loro importante contributo. La macchia rimane: lasciare in questa maniera il Rimini , a due anni dal centenario significa mandare a monte la stima e l’affetto che la gente nutre per te. Il gesto è paragonabile a quello di un commesso, apprezzato da tutti, ben visto dal titolare, ben stipendiato, fino a quando un bel giorno per un capriccio personale  decide di rubare un  cellulare di ultima generazione, venendo scoperto da tutti e perdendo in un attimo stima, fiducia e lavoro. Allora viene da dirlo :”Cocif, se ci lascia, questa volta non vale”!

Daniele Manuelli

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