Finisce in tribunale senza un perchè, querelato riminese per errore. E’ stato un caso di omonimia

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Per omonimia si è trovato suo malgrado protagonista di un caso giudiziario. E' quanto capitato a un cittadino di Riccione, gestore di una sala giochi, confuso con un omonimo, membro di un'associazione sportiva riccionese e denunciato dal presidente della stessa per diffamazione. La vicenda ha origine nel settembre 2016: all'interno di un gruppo Facebook dedicato all'associazione, nacque una discussione relativa al tesseramento di un iscritto. In questa occasione due membri attaccarono il presidente, con toni piuttosto accesi. Quest'ultimo annunciò in un'intervista alla stampa locale la sua volontà di adire le vie legali: il primo soggetto fu regolarmente identificato, il secondo fu invece al centro dello scambio di persona, partendo da una denuncia che non presentava le generalità complete dell'uomo. Nei guai è finito così, senza avere responsabilità, il riminese gestore della sala giochi, totalmente ignaro delle indagini, con l'impossibilità quindi di produrre memorie difensive, e del procedimento a suo carico, fino a quando non gli fu notificato un provvedimento della Procura: l'archiviazione delle accuse per tenuità del fatto. In sostanza la Procura aveva considerato di lieve entità il comportamento diffamatorio, ma questo non precludeva un contenzioso civile per il risarcimento dei danni, inoltre creava non pochi problemi al riminese: per il suo lavoro infatti ha bisogno di una fedina penale immacolata, inoltre, nonostante l'archiviazione, il fatto avrebbe avuto comunque rilevanza penale. Il malcapitato dovette così ricorrere all'aiuto di un avvocato, per presentare opposizione all'archiviazione. Gli avvocati Piero Venturi e Luca Signorini hanno ottenuto dal gip la fissazione dell'udienza in camera di consiglio, fissata al 25 ottobre, al termine della quale verrà presa una decisione: confermare la richiesta di archiviazione per tenuità del fatto, oppure riconoscere la totale estraneità del riminese, che è pronto ad agire contro lo Stato per il risarcimento dei danni.

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